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Storia moderna

Cultura

LA STORIA MODERNA

Con la storia moderna si intende lo studio del periodo che va dal XV secolo, con la caduta di Costantinopoli (1453) e la scoperta dell'America (1492), all'inizio del XIX secolo, con il Congresso di Vienna e la Restaurazione del 1815. Il XV secolo fu un periodo di gigantesche trasformazioni negli equilibri mondiali. Uno degli eventi piu' importanti nella storia di questo periodo fu la caduta dell'impero Bizantino. L'intraprendenza dei genovesi e dei veneziani aveva sottratto a Costantinopoli gran parte delle sue  fonti di ricchezza. Su Costantinopoli ormai in rovina sia abbatte' un nemico potente, si trattava dei turchi ottomani. Sembrava che nulla potesse fermare l'influenza ottomana e che il destino di Costantinopoli fosse ormai segnato ma la penetrazione ottomana in occidente fu bloccata dalla nascita di un grande impero  orientale. L'artefice di questa impresa fu Tamerlano che guido' il suo popolo alla conquista di un enorme impero lo scontro decisivo tra le armate di Tamerlano e quelle ottomane avvenne ad Ankara nel 1402: gli ottomani subiranno una vera e propria disfatta e il loro dominio si disgrego' rapidamente. Ma alla morte di Tamerlano l'impero da lui edificato si sfascio'. Gli ottomani approfittando di questa inaspettata circostanza riedificarono la loro potenza, il timore si diffuse alla corte Bizantina e l'imperatore cerco' di correre ai ripari. L'ultima speranza di salvezza stava nell'aiuto dei cristiani d'occidente ma l'unica merce che egli poteva barattare in cambio dell'aiuto militare era la sottomissione della chiesa di Costantinopoli al papa di Roma. Questo pero' non servi a salvare Costantinopoli in quanto le potenze europee non attraversavano momenti felici cosi' sia nel 1444 che nel 1453  le forze ottomane attaccarono la capitale dell'impero Bizantino la citta' cosi cadde, gli abitanti furono massacrati  e Costantinopoli fu chiamata anche Istanbul e divenne la base sulla quale gli ottomani costruirono la loro potenza marittima. Scomparve cosi' l' impero Bizantino mentre si consolidava l'Impero Ottomano. Lo sbarramento ai traffici tra oriente e occidente frapposto dall'Imper Ottomano spinse gli europei a cercare nuove vie di comunicazione. Si trattava, anzitutto, di verificare la possibilita' di circumnavigare l'Africa e di raggiungere l'oceano indiano e di li l'Asia. La nave delle grandi scoperte fu la caravella portoghese che segno un progresso enorme rispetto alle grandi pesanti imbarcazioni precedenti. Tutto questo pero' va ricondotto nelle  condizioni politiche e necessita' economiche delle grandi monarchie. La formazione delle grandi monarchie nazionali si era accompagnata alla costituzione di eserciti di massa di una amministrazione complessa e articolata e di una politica edilizia di prestigio: tutte  esigenze vitali, che non potevano essere soddisfatte dal normale prelievo fiscale. Si imponeva cosi' la necessita' di procurarsi in altro modo le ricchezze indispensabili al mantenimento  di un'organizzazione statale e di forze armate efficienti. L'era delle grandi scoperte geografiche fu aperta dalla piu' importante di tutte, quella dell'America, ad opera di Colombo.
Riforma e Controriforma: schema riassuntivo
Come reagisce la Chiesa di Roma alla Riforma di Lutero?
Sorpresa e impreparata dalla velocità con cui le tesi luterane si diffondono nel centro e nel nord dell'Europa, la Chiesa ritiene di voler definire alcuni concetti per riformarsi. Nel 1545 viene, pertanto, convocato il Concilio di Trento da parte di papa Paolo III, che sarà concluso nel 1563 da papa Pio IV.
Lo scopo del concilio ecumenico è, appunto, affrontare la grande crisi dopo la Riforma luterana, precisando le verità di fede e rinnovando la Chiesa e la sua organizzazione.
I decreti di dottrina emessi, rappresentano delle conferme teologiche in opposizione alle tesi di Lutero:
1) no al libero esame, perchè soltanto la Chiesa può interpretare le Sacre Scritture;
2) le idee dei dottori della Chiesa hanno lo stesso valore della Bibbia;
3) la fede non è sufficiente alla salvezza, ma servono le "opere buone";
4) l'importanza del Clero;
5) l'uso del latino;

6) i sacramenti.La restaurazione: Gli eventi che seguono la Rivoluzione Francese e l'esperienza napoleonica sono determinanti per la storia dell'Europa del secolo a venire: se i diplomatici delle potenze riunita a Vienna tra autunno del 1814 e giungo del 1815 puntano a ''restaurare'' - tanto sul piano dei confini geopolitici quanto su quello della mentalita' e del pensiero - le condizioni antecedenti la stagione rivoluzionaria, le idee e gli ideali di quel periodo sopravvivono anche nel XIX secolo, alimentando i moti insurrezionali del 1820-1821, del 1830-1831 e del 1848, che chiedono, nei diversi stati europei, il riconoscimento del nuovo ruolo della classe borghese. In Italia, posta sotto la dominazione austriaca, il Risorgimento accompagna la costituzione di uno Stato nazionale, che, dal 1861 , deve affrontare le complesse sfide che - tra Destra e Sinistra storica, Francesco Crispi e Giovanni Giolitti - lo fanno entrare nel primo decennio del Novecento.
La Rivoluzione Francese: Dalla convocazione degli Stati Generali alla presa della Bastiglia, dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino al regime del Terrore, dalla diffusione degli ideali rivoluzionari fino alla straordinaria ascesa e caduta di Napoleone Bonaparte: l'Europa negli anni che vanno dal 1789 a 1815 e' davvero ad una svolta epocale, che segna profondamente l'idea di modernita' che tuttora condividiamo. Le ragioni economiche e sociali in cui versa la Francia negli ultimi decenni del Settecento portano alla crisi del sistema di "antico regime", con la sua rigida divisione nelle tre classi sociali (aristocrazia, clero e Terzo stato). L'ascesa della borghesia non e' tuttavia esente da contraddizioni drammatiche, che vedono da un lato l'affermazione dei valori di liberta' ed uguaglianza e dall'altro il cupo periodo del Terrore e della ghigliottina. Tocca poi ad una figura presto assurta al rango del mito - Napoleone Bonaparte - cavalcare l'onda dei nuovi ideali: le grandi battaglie napoleoniche (in Italia, Egitto e per tutta Europa) non affermano solo il suo genio militare, ma ridisegnano in maniera definitiva la carta, politica e culturale, del Vecchio Continente.
La Rivoluzione industriale: Si caratterizza come un grandioso fenomeno di trasformazione della societa' e dei suoi processi produttivi che, partendo dalla Gran Bretagna di fine Settecento, si espande progressivamente al resto dell'Europa e del mondo. Il sistema delle enclosures, la macchina a vapore di James Watt, la diffusione della fabbrica e della ferrovia sono le premesse per l'affermazione sulla scena mondiale della nuova classe borghese, cui presto fa da controparte il proletariato operaio. L'insieme delle dinamiche economiche, socio-politiche e culturali che ruotano attorno a questa ''rivoluzione'' e' complesso e sfaccettato, tanto che il loro influsso storico e' paragonabile a quello della Rivoluzione Francese. I nuovi rapporti di produzione industriali modificano radicalmente l'esistenza individuale, spostando masse enormi dalle campagne alle citta' e dall'impiego nei campi al lavoro salariato, mentre il moderno capitalismo, sulla scia del pensiero di Smith, Ricardo e Malthus, getta in questa fase le basi del mondo contemporaneo. Se la filosofia del liberismo e del Positivismo sostengono dal punto di vista ideologico la nascente societa' borghese, non mancano le voci critiche o apertamente rivoluzionarie: la corrente socialista e poi il pensiero di Marx ed Engels danno voce alle condizioni di vita (spesso drammatiche) della classe operaia, secondo un confronto che fino al Novecento inoltrato.
Il Risorgimento Italiano: Con il termine Risorgimento si intende, in storiografia, il lungo processo politico, culturale e militare che ha portato alla formazione, nella penisola italiana, di uno stato nazione unitario. La parola, usata per la prima in un diverso contesto dal gesuita Saverio Bettinelli nel 1775, fu in seguito ripresa, con un riferimento piu' diretto al processo politico in corso, da Vittorio Alfieri, diventando sinonimo di liberazione dalle potenze straniere e unificazione politica della penisola italiana. Questo percorso, che occupa gran parte della storia d'Italia del XIX secolo, non sarebbe comprensibile senza tener presente il panorama non solo politico ma anche culturale e filosofico del periodo, in primis la diffusione dell'idea di ''nazione'', sviluppatasi durantela Rivoluzione Francese e diffusa in Italia proprio dalle truppe transalpine, discese nella penisola a varie riprese a partire dal 1796. Proprio le truppe guidate dal giovane generale Bonaparte avevano infatti creato la prima Repubblica Cisalpina (comprendente pero' solo il centro-nord dell'Italia geografica), divenuta poi Repubblica Italiana nel 1802 e Regno d'Italia nel 1805. Anche la parola ''patriota'', che designa tutti coloro che, a vario titolo e con progetti diversi, si sono battuti per la causa italiana e' in realta' un lascito della stagione rivoluzionaria della fine del XVIII secolo, essendo stata utilizzata per la prima volta dai partigiani dell'indipendenza delle tredici colonie americane che avevano dato vita, nel 1776, agli Stati Uniti d'America. Diffusasi poi nel vecchio continente come sinonimo di ''rivoluzionario'' era passata ad indicare tutti coloro che si opponevano al sistema di potere incentrato sull'Ancien regime. L'obiettivo principale che aveva animato i patrioti, cioe' l'unificazione del paese in un unico Stato, e' raggiuntoil 17 marzo 1861 quando, dopo l'annessione dell'Italia centrale e del Regno delle Due Sicilie, il Regno di Sardegna diventa Regno d'Italia e da' vita ad una nuova stagione della storia nazionale. Questo non deve tuttavia indurre a considerare il Risorgimento in maniera teleologica, cioe' come un percorso lineare il cui esito fosse a priori prevedibile nei modi e nelle forme in cui poi si e' realizzato. L'unita' nazionale era stata infatti l’obiettivo di varie forze politiche che avevano diverse concezioni e progetti differenti. Democratici, repubblicani, liberali, radicali e cattolici si erano affrontati, all'interno del fronte patriottico, per imporre il proprio modello di Stato nazione ed il risultato aveva inevitabilmente finito per determinare tra loro vincitori e sconfitti. E' importante altresi' sottolineare come la dominazione straniera non sia la sola cosa che i patrioti combattono: la lotta strettamente nazionale e' costantemente affiancata da quella costituzionale, nel piu' ampio quadro dell'’abbattimento dell'ancien régime.
L'Unita' d'Italia e Cavour: Camillo Benso conte di Cavour e' una delle figure piu' emblematiche del Risorgimento Italiano tanto da essere giustamente accostato alle altre principali figure degli ''artefici'' dell’unita' nazionale: Garibaldi e Mazzini. In questo ipotetico terzetto - i cui componenti, in realta', furono in vita portatori di progetti assai diversi l'uno dall'altro e spesso opposti tra loro - Cavour rappresenta la figura del politico lungimirante, pragmatico e accorto , la cui azione si rivela piu' efficace di quella dell'uomo d'azione (Giuseppe Garibaldi) e dell'utopista repubblicano (Giuseppe Mazzini). Il progetto di unita' italiana che risulta vincitore al termine del lungo processo risorgimentale, infatti, e' proprio quello monarchico, conservatore e proprietario propugnato dallo statista torinese.
Garibaldi e la spedizione dei mille: Alla fine degli anni ’50 dell'Ottocento la penisola italiana appare diversa rispetto al panorama determinato dal Congresso di Vienna, dato che il numero di Stati che occupano il territorio della penisola si e' sensibilmente ridotto: il Regno di Sardegna ha, durante e dopo la seconda guerra d'indipendenza (1859) non solo sottratto la Lombardia all'Impero d'Austria, ma anche inglobato in se' i ducati di Modena e Parma, il Granducato di Toscana e le legazioni pontificie. Lo Stato Pontificio vede i propri confini restringersi al Lazio, l'Umbria e le Marche, il Lombardo-Veneto ormai coincide con la regione di Venezia piu' Mantova; il Regno delle Due Sicilie invece ha mantenuti invariati i propri possedimenti. Proprio il regno meridionale e' al centro di un cambiamento rilevante quando, il 22 maggio 1859, muore Ferdinando II di Borbone lasciando il trono al figlio ventitreenne, Francesco II, inesperto in politica, educato solo secondo rigidissimi principi religiosi. Francesco II e' novello sposo di Maria Sofia di Wittelsbach-Baviera, donna molto piu' ambiziosa e decisa di lui. A indebolire ulteriormente la posizione delle Due Sicilie contribuisce il contrasto, maturato tra il 1820 e il 1840, tra i Borbone di Napoli e la Gran Bretagna per quanto riguarda il prezzo e le modalita' di vendita degli zolfi siciliani. Durante la prima meta' del secolo (soprattutto in funzione antinapoleonica) il governo di Londra si era fatto garante della monarchia napoletana, di stampo decisamente illiberale: lo scontro commerciale porta le Due Sicilie definitivamente fuori dalla sfera di protezione inglese e, nel 1840, la flotta britannica arriva a bloccare il porto di Napoli per ricondurre Ferdinando II a piu' miti consigli. E' evidente che l'oggettiva debolezza diplomatica e dinastica dei Borbone attiri l'attenzione di tutte le forze interessate al crollo del Regno delle Due Sicilie: i patrioti repubblicani e, in maniera piu' indiretta, il governo di Torino di Camillo Benso di Cavour. Dopo l'exploit ottenuto con icosiddetti ''cacciatori delle Alpi'' durante la Seconda Guerra d'Indipendenza, gli occhi di tutti sono volti a Giuseppe Garibaldi, unanimemente identificato come il generale destinato a portare a termine l'invasione del Sud della penisola. Il condottiero di Nizza, tuttavia, e' consapevole di come i tentativi di far scoppiare insurrezioni nel Meridione siano tutti tragicamente falliti, da quello dei fratelli Bandiera a quello di Carlo Pisacane. Egli subordina quindi l'inizio del reclutamento di nuovi volontari a due precise condizioni: che il suo intervento fosse espressamente richiesto dalle popolazioni meridionali in rivolta, onde evitare le accoglienze ostili dei casi precedenti, e di agire nel nome e per conto di Vittorio Emanuele II, onde non disperdere l'azione dei patrioti in troppe iniziative tra loro contrapposte che avrebbero solo ritardato l’unità nazionale. E' bene notare che Garibaldi, personalmente da sempre di idee repubblicane, raggiunge in questa occasione l'apice di un percorso verso il completo realismo politico, anteponendo all'obiettivo di instaurare una repubblica quello di unificare la penisola in un unico Stato, sia pure retto monarchicamente, ed identificando in Casa Savoia la dinastia maggiormente in grado di ottenere un tale risultato. Cavour, da parte sua, e' piu' che mai diffidente verso il generale e i suoi volontari, non solo perche' diffidi del loro democratismo ma piuttosto perche' teme che i loro preparativi siano volti ad una spedizione verso Roma, che attirerebbe in Italia le ire e gli eserciti di Napoleone III. La polizia piemontese, quindi, sorveglia attentamente Garibaldi e i suoi collaboratori quando questi, nell'ottobre 1859, cominciano l'arruolamento di nuovi volontari e lanciano una sottoscrizione nazionale per l'acquisto di un milione di fucili. Avute rassicurazioni sul fatto che i territori del Papa non sarebbero stati toccati, tuttavia, il governo sardo contribuisce con le proprie finanze (ovviamente clandestinamente) all'armamento dei garibaldini. Anche la compagnia genovese Rubattino mette a disposizione dei volontari due piroscafi (il Piemonte ed il Lombardo) che tuttavia i garibaldini fingono di rubare, salvando cos' le apparenze di fronte alla comunita' internazionale. I Mille si imbarcano dunque da Quarto verso la Sicilia nella notte tra il 5 e il 6 maggio 1860. Dopo una breve sosta a Talamone per rifornirsi di armi, i due piroscafi arrivano in vista di Marsala l'11 maggio e lo sbarco degli uomini in armi e' facilitato dalla presenza - in realta' del tutto casuale - di unita' navali inglesi fuori dal porto, il che impedisce alle truppe borboniche di respingere con l'artiglieria i piroscafi dei garibaldini. Arrivato a Salemi il 14 maggio, Garibaldi proclama la dittatura in nome del re di Sardegna. I Mille, nel frattempo, vengono raggiunti, nei giorni immediatamente successivi allo sbarco, da circa cinquecento ''picciotti'' siciliani e, forti delle nuove reclute, iniziano a risalire l'isola in direzione dello stretto. Il primo scontro avviene a Calatafimi il 15 maggio quando circa 1500 volontari investono e mettono in rotta 4000 borbonici guidati dal generale Francesco Landi. Questa vittoria apre a Garibaldi la strada per Palermo: i Mille arrivano alle porte della capitale siciliana dodici giorni dopo, impegnando le truppe governative in scontri sanguinosi al ponte dell'Ammiragliato, a Porta Termini e Porta Sant'Antonio. Nel frattempo scoppia un'insurrezione all'interno della citta' e garibaldini ed insorti si trovano a dover conquistare la citta' strada per strada, sotto il bombardamento delle navi borboniche ancorate nel porto, questa volta assolutamente non ostacolate dalle unita' britanniche presenti sul posoto. Il 30 maggio la citta' e' completamente in mano dei garibaldini: il generale si proclama dittatore e nomina un governo provvisorio coordinato da Francesco Crispi. Le fila dei Mille, nel frattempo, continuano ad ingrossarsi grazie all'apporto di contingenti di volontari provenienti da ogni parte d'Italia: il maggior numero di combattenti richiede una piu' specifica organizzazione ed i volontari di Garibaldi vengono strutturati nell'Esercito meridionale. Nel tentativo di frenare l'insurrezione dei siciliani, e di sottrarre quindi energie al reclutamento garibaldino, Francesco II concede una Costituzione e cambia la bandiera del regno inscrivendo lo stemma borbonico nel bianco del tricolore, ma queste misure, tardive e chiaramente percepite come strumentali, non ottengono alcun risultato concreto. Alla fine di luglio, dopo la vittoria garibaldina a Milazzo e la presa della citta' di Messina (ma non della cittadella, che tuttavia si astiene da qualsiasi azione ostile), la Sicilia e' completamente nelle mani dei patrioti. Inizia l'occupazione del Mezzogiorno continentale: Quando le camicie rosse sbarcano a Melito, il 19 agosto 1860, sono ormai circa ventimila e le truppe borboniche non riescono a organizzare alcuna resistenza efficace. In Lucania, in seguito, il passaggio dei volontari e' completamente pacifico poiche' la regione si e' gia' ribellata ai Borbone prima dell'arrivo dei garibaldini. Il 6 settembre, Francesco II di Borbone e Maria Sofia lasciano la capitale, con quanto rimane dell'esercito delle Due Sicilie, stabiliscono una linea di difesa che unisce le due fortezze di Capua e Gaeta e, ad est, si snoda lungo il corso del fiume Volturno. Il giorno successivo, Garibaldi entra a Napoli da liberatore tra ali di folla festante. Di fronte alla ragionevole certezza della vittoria dei Mille, Cavour e Vittorio Emanuele II considerano arrivato il momento di prendere direttamente parte alle operazioni, anche per non lasciare troppo margine di manovra a Garibaldi, di cui diffidano, e temendo che possa essere influenzato in senso antisabaudo dal suo entourage mazziniano. Le truppe piemontesi invadono quindi l'Umbria e le Marche, prendendo a pretesto la repressione di alcune rivolte: in questo modo l'esercito sardo non solo crea un ''corridoio'' per unificare i domini dei Savoia con l'ex regno borbonico ma si stabilisce su posizioni che, eventualmente, consentirebbero di bloccare l'esercito garibaldino se questo decidesse di proseguire la risalita in direzione di Roma. L'unica resistenza dei volontari papalini e' a Castelfidardo ma l'esercito sabaudo, meglio armato e maggiormente preparato, li mette rapidamente in rotta e prosegue fino alla presa di Ancona. Adducendo la ragione di mettere in sicurezza la capitale pontificia, Vittorio Emanuele II priva il Papa di vaste porzioni dei propri domini, che alla fine del 1860 sono ridotti al solo Lazio. Al di la' del confine napoletano, intanto, il contatto tra l'esercito meridionale di Garibaldi e quello borbonico avviene lungo il corso del Volturno, dove ha luogo l'unico vero scontro campale di tutta la campagna. La battaglia, che si risolve in realta' di una lunga serie di scontri isolati fra loro, vede alla fine prevalere i garibaldini nonostante la forte inferiorita' numerica (sono circa la meta' dei loro avversari). Nonostante gli ordini perentori di Cavour di mantenere la neutralita', prendono parte alla battaglia del Volturno anche alcune divisioni dell'armata regolare piemontese. La spedizione dei Mille si chiude, simbolicamente, il 26 ottobre 1860 quando Garibaldi e Vittorio Emanuele II si incontrano a Taverna della Catena, presso Vairano, benche' l’incontro sia poi passato alla storia con il nome di una vicina localita' come ''incontro di Teano''. In quest'occasione, Garibaldi saluta il sovrano piemontese come ''Re d’Italia'' e gli cede tutti i territori conquistati a partire dal maggio precedente. Francesco II e Maria Sofia, asserragliati con cio' che resta delle loro truppe nella fortezza di Gaeta, resistono fino al febbraio 1861 quando, perso anche l'ultimo lembo di terra napoletana, si ritirano in esilio nella Roma dei Papi. I plebisciti dell'ottobre 1860 sanciscono l'annessione dell'ex Regno delle Due Sicilie a quello di Sardegna, che ora governa gran parte dei territori della penisola e che, il 17 marzo 1861, prende il nome di Regno d'Italia. Lunificazione territoriale, ancora incompleta, e la denominazione ''Regno d’Italia'' non bastano, da soli, a creare una nuova nazione: gli anni successivi al 1860 sono caratterizzati da una profonda crisi politica e un ferocissimo scontro militare nel meridione che, pur derubricato dai vincitori come fenomeno criminale ed assimilato al brigantaggio, da sempre presente nel Sud, e' destinato a fare piu' vittime di tutte le precedenti guerre del Risorgimento. Le elites italiane - e quindi anche meridionali - che ora dirigono il nuovo Stato si dimostrano infatti incapaci di dare una risposta credibile alle profonde disparita' sociali e culturali tra i popoli della penisola. Il disagio delle popolazioni rurali meridionali, inevitabilmente, prende i contorni di una guerriglia ''antipiemontese'' e legittimista.
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