Economia
Cultura
GEOGRAFIA ECONOMICA
La geografia economica e' una sottodisciplina della geografia, che analizza le connessioni economiche globali, occupandosi di fenomeni come la macroeconomia, la globalizzazione, o di entita' sovranazionali come l'ASEAN, il MERCOSUR, l'UNIONE EUROPEA, il NAFTA, l'APEC, l'EFTA, l'ALCA, l'OPEC.
Rispetto alla geografia classica, quella economica approfondisce questioni che dalla prima vengono soltanto sfiorate: l'economia, la geopolitica, le dinamiche socio-economiche, l'andamento dei settori primario, secondario, terziario e quaternario, i flussi di persone, capitali, beni ed informazioni, la differenza tra Nord e Sud e le piu' moderne tendenze in atto vedendo le trasformazioni anche da un punto di vista storico.
Lo spazio geografico e' un artificio mentale: se da esso isoliamo le relazioni spaziali che riguardano l'economia otteniamo "lo spazio economico". Possiamo classificare le relazioni spaziali in: relazioni verticali, se connettono i soggetti economici con le caratteristiche proprie dei diversi luoghi; relazioni orizzontali, se hanno per oggetto lo scambio, movimenti di persone, informazioni e capitali.
Le localizzazioni sono dunque legate tra loro da specifiche interazioni (orizzontali) e da relazioni (verticali) con il territorio in cui risiedono. A loro volta le diverse strutture territoriali, legate tra loro da relazioni orizzontali, formano quella che viene detta organizzazione territoriale. Nella localizzazione dei fatti economici i legami orizzontali e verticali interagiscono e si condizionano a vicenda. Quindi l'economia di un territorio, tenute costanti tutte le altre condizioni, dipende dall'ordine spaziale degli impianti, della produzione e degli scambi. Le strutture territoriali e la loro organizzazione sono quindi l'oggetto principale della geografia economica e nell'analizzarle vengono considerati tre ordini di fatti: le differenti condizioni naturali; le condizioni ereditate dal passato; l'organizzazione attuale.
Nelle societa' pre-mercantili e pre-industriali il valore del territorio dipendeva essenzialmente dalla sua attitudine a soddisfare i consumi locali e non aveva importanza se il terreno poteva produrre di piu'. Questo rapporto tra umani e territorio muto' quando si svilupparono i rapporti commerciali a vasto raggio. Il suolo, da semplice bene di uso comune di tutto il gruppo, divenne allora un bene di chi, possedendo il capitale, poteva acquisirne la proprieta' per accrescere il capitale stesso. Questo processo diede inizio alla societa' capitalistica per cui il valore del suolo se prima era legato alla maggiore o minore fertilita' del territorio, ora iniziava a dipendere sempre piu' dalla sua posizione. Anche la scelta del tipo di coltivazione non sarebbe piu' dipesa dai bisogni del consumo locale, ma dal valore commerciale. Ma il capitalismo agrario ha dei limiti dovuti all'impossibilita' di produrre oltre una certa quota. Questi limiti furono superati quando il meccanismo di accumulazione capitalistica di mercato si applico' all'industria. Qui l'aumento della produttivita' del lavoro umano sembrava non trovare alcuna limitazione. Il modo di produrre capitalistico-industriale ebbe come principale conseguenza la concentrazione dello sviluppo economico in pochi paesi e in poche aree centrali, mentre il resto dello spazio economico restava piu' o meno arretrato. Le economie di scala infatti determinano un aumento degli investimenti laddove ce ne sono gia' stati, in un circolo virtuoso. I vantaggi che l'imprenditore capitalista ottiene localizzando le sue attivita' economiche in determinati luoghi e condizioni ambientali vengono definiti economie esterne o esternalita' in quanto sono effetti utili che si possono ricevere solo dall'esterno se si localizza laddove sono presenti certe condizioni (strada, ecc). L'esistenza di tali condizionamenti territoriali sulla produttivita' delle imprese venne riconosciuta gia' nel 1890 da Marshall. Le economie esterne possono essere naturali, derivanti dall'attivita' umana (infrastrutture), o possono anche derivare da un effetto collaterale del mercato (economie di agglomerazione). La vicinanza di piu' imprese infatti puo' generare economie di scala e risparmi di costi. E' quanto si e' verificato in Italia in aree industriali come Torino e Milano. Le economie di agglomerazione sono una parte delle esternalita' delle economie di urbanizzazione, le quali derivano da: opere di urbanizzazione primaria; facilita' di scambi di merci; formazione di un mercato sempre piu' vasto; presenza di servizi pubblici necessari; sviluppo parallelo dei servizi privati per le famiglie e per le imprese. L'amministrazione pubblica possiede un certo margine di potere nel favorire alcuni di questi fattori. Le infrastrutture sono quelle condizioni artificiali realizzate sul territorio mediante la spesa pubblica. Esse si possono dividere in: Infrastrutture materiali o tecniche; infrastrutture sociali; infrastrutture economiche; infrastrutture dell'informazione e della ricerca. Inoltre esse presentano le seguenti caratteristiche: sono strutture territoriali; sono beni non escludibili; sono sovente indivisibili; non danno profitti diretti ma generano solo economie esterne. Nello spazio geografico dunque l'economia di mercato funziona per mezzo del suo contrario, cioe' di "non merci". Tale forma di socializzazione collettiva, parrebbe opposta al principio capitalistico, ma di fatti si tratta di una socializzazione capitalistica in quanto non si oppone al sistema di mercato, anzi e' conforme alle sue esigenze. Il sistema capitalistico trova il modo di far pagare le economie esterne benche' esse non siano merci. Infatti ogni porzione di suolo ha un valore diverso a seconda della sua posizione, ovvero delle economie esterne che offre a chi vi si localizza. Nelle aree rurali il valore di un terreno e' valutato soprattutto in base alle sue caratteristiche naturali, nelle aree urbane, al contrario, un suolo e' valutato soprattutto in base alla sua posizione. Inoltre la domanda dell'uso del suolo aumenta continuamente nel tempo e chi ne e' proprietario si trova in una posizione tendenzialmente monopolistica. Le economie esterne prodotte da un'infrastruttura danno vantaggi a chi si localizza vicino ad essa. In altri casi si tratta di relazioni verticali che legano certe localizzazioni ai caratteri specifici di certi luoghi. Il termine globale, in geografia, indica quelle relazioni orizzontali che si estendono su tutta la superficie terrestre; sono invece locali le relazioni che interessano solo una porzione del globo. Un tempo i circuiti di produzione e dello scambio di beni si svolgevano prevalentemente su scale locali, mentre a livelli territoriali superiori circolavano pochi beni "rari". A partire dall'eta' moderna in seguito alla scoperta dell'intero globo, si fecero sempre piu' frequenti gli scambi su scala planetaria. Ad oggi infatti le relazioni si sono talmente intensificate da aver superato ormai ogni confine fisico, culturale o politico.
Rispetto alla geografia classica, quella economica approfondisce questioni che dalla prima vengono soltanto sfiorate: l'economia, la geopolitica, le dinamiche socio-economiche, l'andamento dei settori primario, secondario, terziario e quaternario, i flussi di persone, capitali, beni ed informazioni, la differenza tra Nord e Sud e le piu' moderne tendenze in atto vedendo le trasformazioni anche da un punto di vista storico.
Lo spazio geografico e' un artificio mentale: se da esso isoliamo le relazioni spaziali che riguardano l'economia otteniamo "lo spazio economico". Possiamo classificare le relazioni spaziali in: relazioni verticali, se connettono i soggetti economici con le caratteristiche proprie dei diversi luoghi; relazioni orizzontali, se hanno per oggetto lo scambio, movimenti di persone, informazioni e capitali.
Le localizzazioni sono dunque legate tra loro da specifiche interazioni (orizzontali) e da relazioni (verticali) con il territorio in cui risiedono. A loro volta le diverse strutture territoriali, legate tra loro da relazioni orizzontali, formano quella che viene detta organizzazione territoriale. Nella localizzazione dei fatti economici i legami orizzontali e verticali interagiscono e si condizionano a vicenda. Quindi l'economia di un territorio, tenute costanti tutte le altre condizioni, dipende dall'ordine spaziale degli impianti, della produzione e degli scambi. Le strutture territoriali e la loro organizzazione sono quindi l'oggetto principale della geografia economica e nell'analizzarle vengono considerati tre ordini di fatti: le differenti condizioni naturali; le condizioni ereditate dal passato; l'organizzazione attuale.
Nelle societa' pre-mercantili e pre-industriali il valore del territorio dipendeva essenzialmente dalla sua attitudine a soddisfare i consumi locali e non aveva importanza se il terreno poteva produrre di piu'. Questo rapporto tra umani e territorio muto' quando si svilupparono i rapporti commerciali a vasto raggio. Il suolo, da semplice bene di uso comune di tutto il gruppo, divenne allora un bene di chi, possedendo il capitale, poteva acquisirne la proprieta' per accrescere il capitale stesso. Questo processo diede inizio alla societa' capitalistica per cui il valore del suolo se prima era legato alla maggiore o minore fertilita' del territorio, ora iniziava a dipendere sempre piu' dalla sua posizione. Anche la scelta del tipo di coltivazione non sarebbe piu' dipesa dai bisogni del consumo locale, ma dal valore commerciale. Ma il capitalismo agrario ha dei limiti dovuti all'impossibilita' di produrre oltre una certa quota. Questi limiti furono superati quando il meccanismo di accumulazione capitalistica di mercato si applico' all'industria. Qui l'aumento della produttivita' del lavoro umano sembrava non trovare alcuna limitazione. Il modo di produrre capitalistico-industriale ebbe come principale conseguenza la concentrazione dello sviluppo economico in pochi paesi e in poche aree centrali, mentre il resto dello spazio economico restava piu' o meno arretrato. Le economie di scala infatti determinano un aumento degli investimenti laddove ce ne sono gia' stati, in un circolo virtuoso. I vantaggi che l'imprenditore capitalista ottiene localizzando le sue attivita' economiche in determinati luoghi e condizioni ambientali vengono definiti economie esterne o esternalita' in quanto sono effetti utili che si possono ricevere solo dall'esterno se si localizza laddove sono presenti certe condizioni (strada, ecc). L'esistenza di tali condizionamenti territoriali sulla produttivita' delle imprese venne riconosciuta gia' nel 1890 da Marshall. Le economie esterne possono essere naturali, derivanti dall'attivita' umana (infrastrutture), o possono anche derivare da un effetto collaterale del mercato (economie di agglomerazione). La vicinanza di piu' imprese infatti puo' generare economie di scala e risparmi di costi. E' quanto si e' verificato in Italia in aree industriali come Torino e Milano. Le economie di agglomerazione sono una parte delle esternalita' delle economie di urbanizzazione, le quali derivano da: opere di urbanizzazione primaria; facilita' di scambi di merci; formazione di un mercato sempre piu' vasto; presenza di servizi pubblici necessari; sviluppo parallelo dei servizi privati per le famiglie e per le imprese. L'amministrazione pubblica possiede un certo margine di potere nel favorire alcuni di questi fattori. Le infrastrutture sono quelle condizioni artificiali realizzate sul territorio mediante la spesa pubblica. Esse si possono dividere in: Infrastrutture materiali o tecniche; infrastrutture sociali; infrastrutture economiche; infrastrutture dell'informazione e della ricerca. Inoltre esse presentano le seguenti caratteristiche: sono strutture territoriali; sono beni non escludibili; sono sovente indivisibili; non danno profitti diretti ma generano solo economie esterne. Nello spazio geografico dunque l'economia di mercato funziona per mezzo del suo contrario, cioe' di "non merci". Tale forma di socializzazione collettiva, parrebbe opposta al principio capitalistico, ma di fatti si tratta di una socializzazione capitalistica in quanto non si oppone al sistema di mercato, anzi e' conforme alle sue esigenze. Il sistema capitalistico trova il modo di far pagare le economie esterne benche' esse non siano merci. Infatti ogni porzione di suolo ha un valore diverso a seconda della sua posizione, ovvero delle economie esterne che offre a chi vi si localizza. Nelle aree rurali il valore di un terreno e' valutato soprattutto in base alle sue caratteristiche naturali, nelle aree urbane, al contrario, un suolo e' valutato soprattutto in base alla sua posizione. Inoltre la domanda dell'uso del suolo aumenta continuamente nel tempo e chi ne e' proprietario si trova in una posizione tendenzialmente monopolistica. Le economie esterne prodotte da un'infrastruttura danno vantaggi a chi si localizza vicino ad essa. In altri casi si tratta di relazioni verticali che legano certe localizzazioni ai caratteri specifici di certi luoghi. Il termine globale, in geografia, indica quelle relazioni orizzontali che si estendono su tutta la superficie terrestre; sono invece locali le relazioni che interessano solo una porzione del globo. Un tempo i circuiti di produzione e dello scambio di beni si svolgevano prevalentemente su scale locali, mentre a livelli territoriali superiori circolavano pochi beni "rari". A partire dall'eta' moderna in seguito alla scoperta dell'intero globo, si fecero sempre piu' frequenti gli scambi su scala planetaria. Ad oggi infatti le relazioni si sono talmente intensificate da aver superato ormai ogni confine fisico, culturale o politico.
L'insieme di relazioni orizzontali e verticali copre tutta la superficie terrestre. Addensamenti, concentrazioni, rarefazioni, discontinuita', dividono e articolano lo spazio geo-economico in regioni. Per definire una regione occorrono tre requisiti: Insieme di luoghi contigui; caratteristiche comuni tra loro; in basi a tali caratteristiche si osserva una differenziazione dai luoghi circostanti. In base alla dimensione si distingue un livello microregionale (uno o pochi comuni); mesoregionale (dimensioni comprensoriali, provinciali e regionali in senso stretto); macroregionale(insieme di regioni politiche, paesi); megaregionali (continentali o intercontinentali). In ogni caso lo spazio di una regione e' un'astrazione mentale quindi muta in base ai fenomeni che si vogliono tenere in considerazione.
I tipi di regione piu' importanti sono:
-La regione politico-amministrativa;
-La regione naturale;
-La regione storica e/o culturale;
-La regione economica.
Le regioni si definiscono formali quando sono individuate in base ad attributi omogenei che le identificano e le differenziano dalle regioni circostanti. Sono invece regioni funzionali quelle individuate in base alle relazioni orizzontali che si estendono in uno spazio. Queste ultime si distinguono tra monocentriche o policentriche. Infine una regione formale che si collega a una funzionale forma una regione complessa. Un esempio tipico e' la regione programma, che in base alle caratteristiche di un territorio, si propone di realizzare alcuni interventi su scala regionale.
I tipi di regione piu' importanti sono:
-La regione politico-amministrativa;
-La regione naturale;
-La regione storica e/o culturale;
-La regione economica.
Le regioni si definiscono formali quando sono individuate in base ad attributi omogenei che le identificano e le differenziano dalle regioni circostanti. Sono invece regioni funzionali quelle individuate in base alle relazioni orizzontali che si estendono in uno spazio. Queste ultime si distinguono tra monocentriche o policentriche. Infine una regione formale che si collega a una funzionale forma una regione complessa. Un esempio tipico e' la regione programma, che in base alle caratteristiche di un territorio, si propone di realizzare alcuni interventi su scala regionale.
La disposizione territoriale dei servizi non e' casuale. Lo spazio infatti e' gerarchizzato, per cui i singoli centri (localita' centrali) servono ciascuno un'area a loro circostante. Nella teoria quindi lo spazio tra i centri urbani avrebbe distanze uguali, ma questo non si verifica nella realta' perché lo spazio geografico e' differenziato dalla natura e dalla storia. I fenomeni di squilibrio sono determinati soprattutto dai processi di agglomerazione per cui le attivita' tendono a localizzarsi l'una vicina alle altre. Uno sviluppo regionale di questo tipo e' detto polarizzato. La struttura polarizzata crea squilibrio territoriale tra la regione centrale polarizzante e le regioni periferiche. Un esempio di questo squilibrio e' rappresentato dal pentagono Londra, Parigi, Milano, Monaco e Amburgo. Tuttavia la polarizzazione produce anche effetti nefasti al territorio naturale e culturale pertanto in alcuni casi si verificano processi di depolarizzazione..
Le strutture regionali polarizzate tipiche sono quelle sviluppatesi nella prima parte del Novecento con l'avvento dell'industria manifatturiera. Invece, nella seconda meta' del Novecento, i paesi di vecchia industrializzazione furono investiti da processi di frazionamento e decentramento delle aree produttive. In questa fase nasce un nuovo tipo di struttura regionale che prende il nome di struttura a rete e che distribuisce le varie attivita' in centri minori. Le strutture reticolari sembrano oggi le piu' adatte a favorire lo sviluppo delle aree forti.
Uno degli effetti della globalizzazione e' la competizione tra i vari territori. Tale competizione riguarda soggetti privati, pubblici e misti che insieme formano una rete locale che si comporta come un attore collettivo. Si realizza qui il concetto di Milieu territoriale, che rappresenta una specie di patrimonio comune di un'area (quindi le potenzialita' naturali, economiche e sociali) su cui una comunita' puo' basarsi per creare sviluppo. L'esempio piu' tipico e' il distretto industriale.
Il principale effetto territoriale della globalizzazione e' la tendenza a ricostruire le unita' territoriali esistenti a livelli diversi ad esempio dalla citta' alla metropoli, dal sistema locale alla macroregione. Quest'opera di costruzione non prescinde dall'esistenza di reti globali i cui flussi e i cui nodi sfuggono ad ogni controllo territoriale diretto. Tuttavia le regioni possono virtuosamente cogliere tali reti attraverso lo svolgimento di una funzione di intermediazione attiva tra le condizioni del milieu locale e le reti globali. In questo modo la regione non subira' passivamente gli effetti delle reti globali e potra' invece porre le basi per un ulteriore sviluppo. L'esempio piu' tipico sono i piani strategici.
Il passaggio da strutture territoriali gerarchizzate a strutture reticolari riguarda le aeree più sviluppate dei paesi industrializzati. Tuttavia alcune aree sono rimaste emarginate da questo sistema generando cosi periferie (Scozia, sud Italia, sud del mondo ecc). La posizione di dipendenza di tali aree si concretizza in primo luogo con l'emigrazione della popolazione.
Le strutture regionali polarizzate tipiche sono quelle sviluppatesi nella prima parte del Novecento con l'avvento dell'industria manifatturiera. Invece, nella seconda meta' del Novecento, i paesi di vecchia industrializzazione furono investiti da processi di frazionamento e decentramento delle aree produttive. In questa fase nasce un nuovo tipo di struttura regionale che prende il nome di struttura a rete e che distribuisce le varie attivita' in centri minori. Le strutture reticolari sembrano oggi le piu' adatte a favorire lo sviluppo delle aree forti.
Uno degli effetti della globalizzazione e' la competizione tra i vari territori. Tale competizione riguarda soggetti privati, pubblici e misti che insieme formano una rete locale che si comporta come un attore collettivo. Si realizza qui il concetto di Milieu territoriale, che rappresenta una specie di patrimonio comune di un'area (quindi le potenzialita' naturali, economiche e sociali) su cui una comunita' puo' basarsi per creare sviluppo. L'esempio piu' tipico e' il distretto industriale.
Il principale effetto territoriale della globalizzazione e' la tendenza a ricostruire le unita' territoriali esistenti a livelli diversi ad esempio dalla citta' alla metropoli, dal sistema locale alla macroregione. Quest'opera di costruzione non prescinde dall'esistenza di reti globali i cui flussi e i cui nodi sfuggono ad ogni controllo territoriale diretto. Tuttavia le regioni possono virtuosamente cogliere tali reti attraverso lo svolgimento di una funzione di intermediazione attiva tra le condizioni del milieu locale e le reti globali. In questo modo la regione non subira' passivamente gli effetti delle reti globali e potra' invece porre le basi per un ulteriore sviluppo. L'esempio piu' tipico sono i piani strategici.
Il passaggio da strutture territoriali gerarchizzate a strutture reticolari riguarda le aeree più sviluppate dei paesi industrializzati. Tuttavia alcune aree sono rimaste emarginate da questo sistema generando cosi periferie (Scozia, sud Italia, sud del mondo ecc). La posizione di dipendenza di tali aree si concretizza in primo luogo con l'emigrazione della popolazione.
La globalizzazione si caratterizza soprattutto per la varieta' e interdipendenza reciproca. La globalizzazione tecnologico-economica riguarda ormai tutte le fasi del circuito economico: dallo sfruttamento delle risorse alla trasformazione manifatturiera, alla distribuzione. Le dimensioni del fenomeno infatti sono tali che nessun operatore economico e nessuno stato e' in grado di controllarli. Si sono formate cosi reti globali di imprese che cooperando su scala mondiale, connettono tra loro le migliaia di luoghi in cui sono insediate. Ci si trova quindi in una situazione di potenziale concorrenza tra tutti i luoghi della terra. Altri aspetti della globalizzazione riguardano il sapere tecnico-scientifico e ambientale, temi che riguardano contemporaneamente tutta l'umanita'. Vi e' anche un aspetto culturale da non trascurare, per cui si assiste a una mondializzazione della cultura a scapito delle realta' piu' piccole. Infine vi e' anche una globalizzazione geopolitica e geostrategica che consiste nella crescente e immediata interdipendenza delle decisioni e degli avvenimenti politici di ogni parte del globo.